La cucina di una volta , quella della tradizione romanesca, si basa su ingredienti semplici, genuini, facilmente reperibili sui banchi del mercato senza spendere troppo.
Le “umili origini” degli ingredienti di questa cucina “casereccia” racchiudono sapori antichi tramandati da culture diverse, e sono ricchi di spezie profumate come garofano, pepe, cannella, salvia, maggiorana, rosmarino, sedano, alloro, menta e condimenti come il lardo, il guanciale, l’olio extra vergine d’oliva.
La cucina romana è rimasta fedele alla tradizione nell’arco dei secoli. Come nelle ricette di Apicio e Catullo ancora oggi ritroviamo forte il legame con il territorio del Lazio.
Le antiche legioni romane consumavano, nei loro accampamenti, cibi semplici come fave, pecorino e lattuga che ancora oggi troviamo tra i prodotti di eccellenza del territorio.
Prima di accingersi a gustare i “piatti tipici” è opportuno imparare a conoscere meglio la cucina romanesca e le divisioni territoriali delle materie prime che la compongono.
Rione Testaccio: posizionato a sud dell’Aventino e sulla riva sinistra del Tevere, si distingue dagli altri quartieri di Roma per essere riuscito a mantenere nel corso del tempo, il suo originario spirito popolare.
In questa zona grazie alla vicinanza con il mattatoio nasce il “quinto quarto”, caratterizzato da tutte le parti di scarto del manzo, dalle quali trae origine una gastronomia povera a base di frattaglie, che all’epoca erano considerate scarti di lavorazione e regalate ai “vaccinari” come integrazione del salario.
Questi ingredienti sono le basi di piatti tipici come: la coda alla vaccinaria, i rigatoni con pajata, la trippa, le animelle, la lingua, il cervello fritto e gli schienali.
Pietanze dal costo contenuto ma dall’alto potere nutritivo e ricchi di sapore, molto apprezzate da coloro che svolgevano lavori fisicamente molto impegnativi.
Ancora oggi i ristoranti di tradizione portano in tavola queste prelibatezze seguendo le ricette del passato, e molti sono coloro che ne gradiscono i particolari sapori.
Il Ghetto ebraico di Roma: è uno dei più antichi del mondo, questo è facilmente spiegabile dall’esistenza di una consolidata comunità ebraica risalente alla repubblica romana.
In quella posizione strategica la comunità residente era in grado di gestire tutto il pesce che arrivava a Roma dal fiume Tevere.
Di notte giungevano i pescherecci che vendevano il pesce e all’alba era già disponibile al portico d’Ottavia, grande pescheria romana.
Il pesce più pregiato per i romani è comunque quello del Tevere le “ciriole”, piccole anguille, e le “arzille” oltre al baccalà d’importazione.
I mercanti e gli artigiani ebrei influenzarono con le tradizioni orientali la cucina romana arricchendola di nuovi profumi e ingredienti.
Ai sapori poveri delle frattaglie, si aggiunsero quelli raffinati dei fritti, come i fiori di zucchina ripieni di mozzarella e alici, i filetti di baccalà e una serie di ricette tipiche come i carciofi alla Giudia e le zucchine marinate.
Senza dimenticare le delizie della pasticceria, la classica torta di ricotta elaborata con cioccolato e i dolci secchi arricchiti di canditi, mandorle e uvette.
Ancora oggi per gli ebrei romani questo monumento alla tradizione è Boccione, per tutti gli altri è “il forno del ghetto”, “la pasticceria degli ebrei”, “il negozio dei dolci kasher.
Dal forno di questa pasticceria escono dolci deliziosi di ogni forma e misura secondo le norme alimentari ebraiche (cucina kasher), che accompagnano la vita religiosa di ogni festività israelitica.
I Castelli: ci troviamo a pochi chilometri di distanza da Roma, in direzione sud-est, sulle pendici dei Colli Albani.
Con il nome di “Castelli Romani” si indica comunemente una serie di cittadine a sud-est di Roma, la maggior parte delle quali sorge su alture note sin dalla antichità come Colli Albani.
Tuttora incerta è l’origine della loro denominazione: nei primi dell’Ottocento venivano genericamente definiti “campagna di Roma”, oppure Colli Albani.
Questo territorio da sempre definito “periferico” era legato alla terra e alle tradizioni delle coltivazioni dei Castelli circostanti dove, oltre l’abbacchio, vennero utilizzate tutte le verdure tipiche: broccoli, piselli, lattuga, cicoria e fave.
Da questi semplici ingredienti sono i segreti di piatti tipici come: l’abbacchio alla scottadito, la peperonata, le puntarelle con le alici e i fagioli con le cotiche.
Ricordiamo inoltre che con acqua e farina a Roma, nei Castelli Romani e nel resto del Lazio, nascevano le fregnacce, i maccaroni, le sagne, gli strozzapreti, le pincinelle e le cellette condite con le regaglie di pollo, i funghi porcini, il sugo di lepre, la pajata, …
Tutti questi sapori li ritroviamo oggi nei ristoranti tipici di Roma, che nel pieno rispetto della tradizione presentano sulle loro tavole preparazioni che pur essendosi allegerite per necessità di gusto e salute, riportano al nostro palato i sapori di un tempo.