Storia dell’argento
L’argento è noto fin dall’antichità.
È menzionato già in testi cuneiformi del III millennio, nel libro della Genesi, e l’analisi di resti nei siti archeologici dell’Asia minore, delle isole del Mar Egeo, e del Vicino Oriente, indica che l’argento già nel IV millennio a.C. veniva separato dal piombo.
Per millenni l’argento è stato usato come ornamento e come materiale per utensili, come merce di scambio e come base per molti sistemi monetari. È stato a lungo considerato il secondo metallo più prezioso, dopo l’oro.
Nel Buddhismo è il secondo dei sette tesori, e simboleggia la virtù.
In molte teologie, l’argento è associato alla luna e a divinità lunari e femminili.
Benché chimicamente i due elementi non siano correlati, nell’antichità il mercurio veniva considerato come una specie particolare di argento, da cui il nome tradizionale di argento vivo.
Il valore dell’argento subì un brusco calo quando la scoperta di giacimenti in America Latina, tra cui le miniere di Zacatedas e Potosì, portò ad un’inflazione del metallo.
L’argento dà il nome ad una nazione, l’Argentina, ed al suo principale fiume, il Rio della Plata.
Nel corso del secolo diciannovesimo l’argento iniziò ad essere demonetizzato mentre l’oro ha seguito il medesimo destino nel secolo successivo.
Se l’oro restò però in parte nei forzieri delle banche centrali l’argento fu man mano completamente liquidato.
Questa immensa quantità d’argento “liberata” dalle funzioni monetarie ha causato fino a tempi recentissimi una grande disponibilità di metallo, nonostante la produzione mineraria fosse di gran lunga inferiore ai consumi.
La quantità di argento disponibile sulla crosta terrestre è di ppm (g/ton) 0,0800, superiore di 20 volte dell’oro che è ppm (g/ton) 0,0040, e del platino che è ppm (g/ton) 0,0100; la potenzialità di estrazione dalle miniere per l’argento è di circa 547 milioni di once troy all’anno, contro 82 milioni di once troy dell’oro e 5 milioni di once troy del platino.
Per questi motivi e anche per i costi di estrazione enormemente superiori per l’oro, l’argento ha e avrà sempre un valore nettamente inferiore rispetto ad altri metalli preziosi.
Da valutare per un investimento il rapporto oro/argento: dal 1344 fino verso al 1830 ha sempre avuto un rapporto quasi fisso di circa 1 a 16, verso fine Ottocento ha cominciato ad alzarsi per toccare un record di 1/153 nel 1939, poi ridiscendere a 1/28 nel 1971 e risalire a 1/110 nel 1992, nel 2008 il rapporto (molto volatile) si sta mantenendo nell’intervallo fra i 1/46 e 1/93.
Calcolando l’inflazione e ragionando in termini odierni (2008) l’argento ha avuto il suo valore massimo nel 1470 con un prezzo di 1.040 dollari all’oncia troy, poi è iniziata la discesa che ha portato il prezzo ai minimi nel 1993 a 3,53 dollari per oncia troy.
Dal 2004 il prezzo dell’argento ha ripreso a salire arrivando a superare i 29 dollari l’oncia alla fine del 2010. In ogni caso chi avesse investito in argento nel 1477 si troverebbe ai giorni nostri con una perdita reale superiore al 90%; ciò nonostante l’argento è considerato un bene rifugio.
Infatti ben peggio han fatto le varie banconote cartacee il cui valore si è annientato; inoltre la svalutazione dell’argento nei secoli è avvenuta in modo lento e graduale e non improvvisamente come per la carta-moneta, i cui possessori caddero nella miseria.
Attualmente, l’argento viene sempre più acquistato dai diffusissimi compro oro e rivenduto poi a privati, grossisti o società di fusione.